Lo status quo del commercialista è più rischioso di qualsiasi cambiamento. Perché alcuni studi professionali verranno emarginati?
Seduto in una classe di un prestigioso MBA americano, sto analizzando l’ennesimo caso di business. L’intento di fondo è sempre lo stesso: capire come funziona un business, le sue varie componenti ed estrarre delle regole che possano avere, in principio, validità generale.
Stavolta trattiamo un caso particolare. Parliamo di una società di consulenza contabile che desidera trasformare parzialmente il suo business di servizi in uno a più alto profitto. Il motivo? Semplicissimo. Per ogni dollaro di fatturato in più una società di servizi deve spendere 0,9 $ di stipendio in più oppure, per semplificare il concetto, i partner devono lavorare a ritmi disumani. Insomma, esiste un modo per rendere un business di servizio più simile a una tipica ditta IT con cospicui profitti del £0-40% e scalabilità di business?
Come spesso accade, il caso non poteva ottenere risposta chiara nell’immediato, ma trovo utile l’esempio della Deloitte, una società di consulenza che nel suo periodo più proficuo stava cominciando a sviluppare servizi di automazione di processo al fine di ottenere precisamente quanto indicato: maggiore scalabilità, più profitti, meno rischi.
A livello teorico, secondo gli insegnamenti delle scuole di business, non vi dovrebbero intercorrere differenze significative tra un commercialista ( o studio professionale) e la Deloitte; in principio, l’automazione intelligente dei processi dovrebbe garantire alcuni degli stessi benefici di cui godono le grandi ditte da anni.
riduzione dei costi del lavoro di almeno il 60%, incrementando notevolmente la marginalità degli studi commercialistici. Negli studi più grandi, i costi risparmiati possono addirittura raggiungere il 75%.
- abbassamento del costo del finanziamento per lo studio. Infatti, di solito, per attaccare un nuovo mercato o lanciarsi in nuove opportunità lo studio deve assumere personale impegnando tra i 35K€ e i 60K€ per anno prima di poter generare flusso di cassa. Con il robot questa cifra viene ridotta dalle 3 alle 5 volte, a seconda delle circostanze di ciascuno studio.
- produttizzazione del servizio offrendo così una possibilità concreta di scalabilità di business nel settore dei servizi. La robotizzazione aumenta l’output di processo per ora lavorata e offre anche alle piccole e medie realtà una chance all’aumento di profittabilità sul modello delle grandi ditte di consulenza come KPMG, PWC, Deloitte etc..
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Ma allora dove sta il problema? Perché tu che leggi e continui a seguire questo blog non hai investito cifre relativamente irrisorie per migliorare il prospetto del tuo studio?
In questo articolo descriviamo quelle che empiricamente ci sembrano essere le reali barriere a una strategia di innovazione di processo all’interno degli studi professionali italiani. Approfondisci l’argomento qui.
Se abbatti il nemico interno, il nemico esterno non può danneggiarti.
Sulla base delle nostre indagini, il problema più rilevante sperimentato da alcuni studi italiani prima di optare per la robotizzazione ha a che fare con il mindset, con una forte arretratezza culturale che purtroppo negli ambienti più marginali pare ancora essere ben radicata. Trattiamo l’argomento anche in quest’articolo. L’abbiamo persino visto con i nostri occhi: casi in cui nel 2023 si fatica ancora ad accendere un pc o a scrollare un browser verso il browser. E’ capitato anche durante i nostri corsi. Dietro tale gap si nasconde un mindset statico, una precisa scelta ( conscia o inconscia) mossa dall’idea che la digitalizzazione sia costosa o che fondamentalmente sia un campo a sé: il commercialista più riluttante penserà dunque:
“La digitalizzazione non mi compete, io faccio un altro lavoro”. Un assunto o credenza che rappresenta probabilmente il problema strategico numero uno da cui derivano a cascata tutti gli altri.
Proseguendo un po’ più in profondità nell’analisi, individuiamo altri due importanti elementi da combattere. Altri nemici interni di cui forse neanche ti sarai accorto…
- il primo è l’incapacità da parte dello studio e dei partner di concepirsi come azienda, di avere una visione strategica e imporre decisioni basate su obiettivi quantitativi
Questa tendenza rende l’adozione dell’innovazione, che spesso richiede decisioni risolute e supportate nel tempo dalle figure apicali, particolarmente impegnativa e difficile.
- il secondo è l’idea radicata negli uffici che il gestionale sia qualcosa di sacro e intoccabile; non può essere cambiato perché altrimenti si perdono i dati, perché altrimenti il personale va in rivolta. Paura ancora una volta legata alle incapacità aziendaliste degli studi. L’approccio è quello dello status quo a tutti i costi. Un approccio mentale che massimizza all’inverosimile la sicurezza sull’investimento strategico.
Si tratta di credenze ormai superate dal momento che esiste una serie di possibilità sia di tipo contrattuale che tecnologico in grado di restituire autonomia decisionale agli studi nei confronti dei produttori di tecnologie.
Un mercato dei software gestionali tendenzialmente oligopolista con basso incentivo all’innovazione.
Da quanto descritto finora emerge anche il disincentivo di alcuni datori di software nell’ investire grandi somme in innovazione. Questo perché lo status quo per i più conservatori è difficile da cambiare. Cosa pensano? :
”Tanto i clienti che ho rimangono anche se il software non garantisce performance soddisfacenti” oppure “A cosa serve investire in innovazione radicale se non mi si prospettano grandi opportunità di guadagno, specie di fronte a una clientela estremamente abitudinaria ?”. Dopotutto i piccoli come le startup sono costantemente sottocapitalizzate. Per intenderci, non si tratta di sedicenni che in due giorni adottano Chat GPT alla velocità della luce e con un’aspettativa di servizi aggiuntivi quali supporto e formazione. Aspetti talvolta davvero problematici per le piccole ditte.
Le startup faticano ad attaccare incisivamente le grosse case di software a 360 gradi; si possono dedicare solo a tematiche specifiche, dunque intercettare una domanda che è sotto servita dai nuovi trend.
Cosa se ne deduce? La diffidenza del commercialista verso l’innovazione crea di fatto una reazione deleteria nel mercato in quanto favorisce e remunera la stagnazione a discapito degli stessi studi professionali.
Lo strapotere dei collaboratori introduce in taluni casi una barriera nei confronti delle nuove soluzioni
Anche questo problema è il risultato di una serie di credenze che portano ad alimentare comportamenti controproducenti.
Siccome io sono un commercialista e non mi occupo di software, lascerò tutto in mano a una squadra di collaboratori con scarsa visione strategica con l’obiettivo di ottimizzare i processi e i ritorni nel breve periodo; se dovessi introdurre nuovi cambiamenti, verrebbero interpretati in maniera positiva e costruttiva?
Questo ragionamento è un circolo vizioso che porta a livellamento verso il basso. Lo studio invece, come abbiamo spesso spiegato in altri articoli (clicca qui), dovrebbe dapprima progettare una strategia aziendale, sostenerla con un sistema di attività formative e remunerazioni di diverso tipo per i collaboratori che meglio interpretano le scelte volte a progredire ed innovare processi. Ma soprattutto la qualità del servizio al cliente finale.
Una falsa preoccupazione di problemi legati alla legislazione e regolamentazione dell’innovazione…
Nel dubbio, rimango fermo dove sono. Operando in questo campo, abbiamo compreso che specie chi dispone di gestionali di più vecchia generazione fatica ad accettare tecnologie cloud.
Il tema è quello della privacy dei dati, dove sono salvati e come sono salvati.
La richiesta di legge è molto semplice: i dati, se sensibili, sono soggetti a GDPR, solo che la stragrande maggioranza dei dati in contabilità non lo sono. Se anche lo fossero, stiamo parlando solo della porzione dati legati alle fatture, la quale riguarda le persone fisiche. Dunque, un’assoluta minoranza. Bisogna procedere come segue:
Occorre includere nei contratti con il cliente l’informativa per la quale lo studio si avvale di mezzi di innovazione digitale e richiedere ai fornitori che i dati vengano conservati/trattati secondo le guide di legge ( queste prevedono che i dati rimangano nella UE).
A dire il vero, è possibile implementare una serie, anche costosa, di inscription capaci di proteggere la minoranza di dati da eventuali attacchi informatici di soggetti terzi. Tuttavia la problematica è assolutamente la stessa, che si utilizzi Profis, Teamsystem o una soluzione di una ditta meno nota. Le richieste di legge sono le stesse.
Nella nostra esperienza, al netto di atti di sabotaggio di natura criminale provenienti da terzi, la quasi totalità degli operatori nell’industria IT ha una tendenza a rispettare la norma di legge e proteggere i dati dei clienti, specialmente nel B2B. Anzi, questa è di solito un elemento di differenziazione nell’erogazione dei servizi.
Seppure questo aspetto meriti comunque una certa attenzione, sarà bene notare come in alcuni casi venga forzosamente enfatizzato da coloro che di fatto preferiscono l’immobilità al cambiamento. Quei professionisti che, pur di compiere un minimo sforzo mentale, preferiscono rimanere incastrati in un’inquieta comfort zone.
Esci dal circolo vizioso. Mentally accelera il processo.
Sintetizziamo quindi i concetti. Cos’è che ancora nel 2023 impedisce ad alcuni studi professionali di rimanere al passo con il loro stesso settore? Molti professionisti sono ormai passati a nuove tecnologie perché hanno compreso che non si tratta più di una scelta accessoria. Altri invece sono rimasti indietro e, nonostante il rischio di rimanere emarginati, continuano a camminare sul filo del rasoio pur di compiere il salto qualitativo. Leggi anche qui.
Tra le maggiori problematiche, abbiamo notato, figura un atteggiamento di assoluta riluttanza nei confronti del nuovo che, in realtà, potrebbe celare una più pericolosa inconsapevolezza rispetto agli equilibri attuali sui quali il mercato si poggia. Non coglierli significa, prima o poi, venirne travolti. Un altro grave errore sta nell’incapacità da parte di questi studi di organizzare i propri processi in maniera strategica, sacrificando tutta una serie di benefici.
Non ultimo, la necessità di corroborare una tesi di per sé debole attraverso argomentazioni altrettanto deboli, di cui spesso si conosce ben poco. Un esempio? La succitata privacy dei dati. Uno dei tanti appigli per sfuggire al problema numero uno: paura e incapacità di agire. Abbiamo visto come, l’atteggiamento di pochi sia in grado di influire su un panorama più vasto, danneggiando nel concreto l’insieme degli studi professionali italiani. I commercialisti hanno bisogno di nuove tecnologie, nuove idee per crescere e rimanere in piedi; voltare le spalle all’innovazione significa rallentare il processo di crescita generale. Tutti quei timori che hanno a che fare con i costi relativi all’adozione di nuove tecnologie, ai rischi e alle sue performance non sono che false credenze. A smontarle sono i fatti, proprio come spiegano i professionisti che già usano Mentally (da’ un’occhiata alle loro interviste sul nostro blog). I fatti sono questi:
Con Mentally, Il rapporto costo beneficio varia da caso a caso, dipende dalla situazione particolare. Tipicamente il ritorno d’ investimento è proiettato tra x2.5 fino a x5 su base annuale. Significa che per ogni euro speso se ne risparmio in media 2.5-4. Un ottimo risultato sperimentato già da molti studi.
Il Robot Mentally tipicamente ha un tempo di payback (ovvero il tempo in cui il beneficio economico sorpassa il costo) che va dai 5-8 mesi al primo anno e dai 3-6 mesi negli anni successivi. Ciò si realizza dopo una fase di formazione della tua squadra di collaborazione che potrà essere riorganizzata in maniera strategica sulla base dei nuovi processi supportati dal robot.
Mentally arriva a svolgere quasi la totalità del lavoro quantitativo in autonomia, interagendo con l’utente in modo semplice e veloce. E’ in grado di operare persino nei momenti morti, dunque nei weekend, nei periodi di ferie e di notte risparmiando ai tuoi collaboratori le solite corse a ridosso degli adempimenti.
Il robot non stravolge il tuo gestionale, anzi ne moltiplica le potenzialità attraverso un drastico indebolimento della dipendenza da parte del personale nei confronti dello stesso al fine di ridurre gli errori.Tutto questo, senza alterare in alcun modo il gestionale né stabilire alcuna interazione interna con esso.
Basta procrastinare. Tocca con mano e comincia a compiere un piccolo passo per permettere al tuo studio di raggiungere degli standard qualitativi adeguati. Prenota una sessione di consulenza gratuita. Cliccando in basso, potrai confrontarti direttamente con i nostri esperti e diradare eventuali dubbi.
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